Piero Cella della cantina Quartomoro


"Eh no!"           
del 14 novembre

Abbiamo ospitato Piero Cella della cantina Quartomoro di Sardegna (OR), nata da pocchissimi anni per valorizzare le perle viticole dell’isola. L’approccio di Piero é disarmante se pensiamo che ha lavorato per anni a stretto contatto di Giacomo Tachis (papà di Sassicaia, Tignanello, Solaia ecc) alla Cantina Santadi nel Sulcis in provincia di Cagliari. Insieme hanno creato vini come il Terre Brune, il Latinia. Le sue parole ed il suo sguardo sono animati continuamente da stupore e dubbio. Stupore per la sua terra e per quei sipari che si aprono quando la continua ricerca di vecchie vigne lo porta altrove. Ed ecco la meraviglia per il suo territorio che scopre ancora da scoprire. Il dubbio é il suo approccio costante nella pratica enologica, fatta di poche certezze maturate negli anni, come la necessità del freddo in fermentazione, e tante domande a cui sembra non sappia rispondere, perché consapevole dell’infinità complessità della natura. La volontà di Quartomoro é lasciar che la natura viticola sarda si esprima, partendo da un esistente spesso franco di piede e vecchio 70, 80, 90 anni, con un approccio fatto di tecnica e ascolto. Piero ci ha fatto conoscere il Vermentino, vitigno plastico, versatile a tal punto da poter essere utilizzato per produrre spumanti e muffati, così sensibile all’ambiente da esprimere note di pesca come un Viogner in Gallura, da sembrare Chardonnay per la ricca polpa nel Campidano ed un Sauvignon quando é coltivato nei terreni calcarei del sassarese. I Vermentini assaggiati provengono dall’oristanese, da terreni sabbiosi ricchi di ossidiana. Il|Q| Brut Metodo Classico, 18 mesi, teso e profumato. Un campione di vasca senza solfiti, vendemmia 2013, bianco, torbido, freschissimo, un vero succo di frutta di pesca e pera. Dello stesso vino, il 2012 é invece così burroso e grasso da non poter cogliere alcuna analogia con il 2013. Poi il Monica, proveniente da una vigna di Porto Pino nel Sulcis, vitigno utilizzato per la sua poca struttura (ha gli stessi polifenoli del Nuragus, vitigno bianco) per diluire  vitigni ricchi di colore e alcool come il Carignano, sempre del Sulcis, zona sud-occidentale dell’isola. Il Nuragus, tra i più antichi di Sardegna, straordinariamente sapido e fresco, il Cagnulari del sassarese, rosso aspro di medio corpo ed infine il Bovale, di cui esistono soltanto 27 h vitati nel cagliaritano, con la sua polpa fruttata di fragola, amarena e pesca sciroppata.

Padre Ponz


Lambrusco di Sorbara Doc Leclisse 2012 Paltrinieri - Lambrusco Grasparossa di Castelvetro Nero di Nero s.a. Barbolini - Lambruscante Brut s.a. Agr. Bedogni - Barbaterre


"Eh no!"           
           del 10 Ottobre

”Libiamo, libiamo ne' lieti calici,
che la bellezza infiora;
e la fuggevol fuggevol'ora
s'inebrii a voluttà.
Libiam ne' dolci fremiti
che suscita l'amore,
poiché quell'occhio al core
Onnipossente va.
Libiamo, amore; amor fra i calici
più caldi baci avrà” (Traviata, G.Verdi)


L’amore, il vino, e la voluttà, insieme, hanno forma di spuma color porpora che si (s)gonfia nel bicchiere. Un equilibrio instabile fatto di vino e bolle, di pieno che svela il vuoto ed di vuoto che anima il pieno. Ci si spensiera di fronte ad un Lambrusco Grasparossa di Castelvetro che ribolle impaziente nel bicchiere, violaceo, tannico, spumoso, brusco e vivo, come i gutturni, le bonarde, tutti rossi frizzanti di tradizione emiliana. E’ il colore rosso a restituire il miracolo, dando profondità e sostanza a quella schiuma altrimenti impalpabile ed incolore. Il Lambrusco, alfiere vinoso della fermentazione, é un vino per bambini, spensierato come alcune delle più celebri arie di Verdi.
Lambrusco di Sorbara Doc Leclisse 2012 Paltrinieri – Fine ed elegante il Sorbara, tra il rosa ed il rubino. Prugnette aspre e ruggine. Pulito, acidissimo e sapido.
Lambrusco Grasparossa di Castelvetro Nero di Nero s.a. Barbolini – vino spumeggiante porpora, frutti neri vinosi e dolci. Tannico e persistente.
Lambruscante Brut s.a. Agr. Bedogni, Barbaterre – unico metodo classico dei tre, ha un naso insieme metallico, animale e vinoso. Color rubino, ha leggera effervescenza e corredo tannico ed acido sufficiente per duettare con cotechino e lenticchie.
Padre Ponz

Cantine Vallana - Spanna Colline Novaresi 2010 - Boca Doc 2007 Gattinara Docg 2004


 "Eh no!"            
         del 14 marzo
Lo spanna, così detto il nebbiolo tra Novara e Vercelli, non dovrebbe essere una sorpresa. Per anni invece è stata vinificato tanto e male e ciò ha contribuito a dare cattiva fama ai vini di Ghemme e Gattinara. Abbiamo assaggiato i vini delle Cantine Vallana alla presenza di Marina, che insieme alla madre ed ai fratelli Francis, l’enologo di cantina, e Miriam, portano avanti una lunga tradizione di qualità. Già con lo Spanna Colline Novaresi Doc 2010, il vino “base” della Cantina, si ha la giusta impressione: colpisce il naso dapprima con una mineralità cristallina per poi lasciar esprimere un frutto dolcemente maturo. In bocca l‘allungo vegetale e balsamico. Il Boca Doc, più ricco, apre con un bouquet intenso di frutta freschissima rimpinzata da riflessi di passitura decisi e suadenti. Mineralità e note animali a completare un quadro di acidità e tannicità ben presenti. Da lasciar riposare se si preferisce maggior morbidezza. A chiudere il Gattinara 2004, un vino di un’altra natura rispetto ai primi due decisamente più sfuocati; una definizione manierista che lascia emergere e fa godere a pieno tutta la complessità. E’ sorretto da un’ossatura compatta e fragrante fatta di frutta, china, erba medica, di un lieve sfondo animale e di un’idea salmastra di mar mediterraneo. Gli acidi ed i tannini sono in perfetto equilibrio nell’esercizio delle loro rispettive funzioni, umettare e allappare. Un nebbiolo senza l’imponenza langarola del Barolo ma ugualmente profondo con il vantaggio non da poco di una beva che crea dipendenza.  E’ del 2004 ma, così fresco, durerà a lungo.
Marina ci ha raccontato che le vasche del nebbiolo in fermentazione sprigionano essenze di pesca e albicocca. Peccato che in questi rossi vadano perdute o rimangano inaccessibili, al di sotto della soglia di coscienza. Sarebbe splendido se il Nebula, il nuovo metodo classico di nebbiolo rosè, ancora alla prima rifermentazione, riuscisse a trattenere tali fragranze, svelando così nuove possibilità di questo straordinario vitigno. Tra un annetto non ci lasceremo scappare l’assaggio. Sarete aggiornati.    
Padre Ponz

Nobile di Montepulciano Fattoria di Palazzo Vecchio annate 1997, 2000, 2001


Una base di pane, pecorino grasso di Sicilia, uvetta e turmenic, se passati alla piastra, diventano una cialda croccantissima. Che bella scoperta! E’ l’apoteosi del tapparò se è accompagnato da un Vino Nobile di Montepulciano 2001, esplicito al naso nelle sue note di curry, liquirizia, tabacco e frutta cotta. E’ stata la prima tappa di un viaggio verticale a ritroso nel tempo, con il Nobile di Fattoria Palazzo Vecchio: a seguire le riserve 2000 e 1997. Vino Nobile, monovarietale, a base sangiovese come molte Docg in Toscana e qui a Montepulciano nella varietà prugnolo gentile, la cui presenza è documentata fin dal IX secolo. E’ un vino di struttura, in gioventù con fragranza di frutto, acidità e tannini evidenti, che giovedì sera, nonostante il lungo riposo, ci hanno fatto strofinare la lingua sul palato ad ogni sorsata e così una bella porchetta fumante si è fatta desiderare (certo, è rimasta tale ma so che Don Pietro vuole dotarsi di uno spiedo a legna, così dice – ad evocarla il tapparò portante, con songino, maionese e pancetta arrotolata cotta). Vini consistenti, fino alla densità liquorosa del ’97, con una ricca polpa, anche nella base 2001, resa sempre leggera dall’acidità. La Riserva 2000 è parsa la più equilibrata nella composizione del quadro olfattivo e gusto-olfattivo (non l’esuberanza speziata dei due fratelli, forse troppo evoluti in questa direzione – il curry del ’01 diventa nel ’97 un che di balsamico, anice stellato), con una sobrietà ed eleganza espressiva che l’acidità preserverà nel tempo. Sono vini ruvidi questi, come la voce di Tom Waits (le note di tabacco e cuoio, i tannini ancora da fare), affilate e nervose le due annate più giovani, animale e medicinale il ’97. Solo per lui il terzo e ultimo tapparò: infuso rosso di foglie di tabacco, riduzione all’aceto balsamico e scaglie di cioccolato (questa è decadenza, quasi depravazione). Appuntamento alla prossima.
Padre Ponz

FORLINI CAPPELLINI - CINQUETERRE DOC 2009 - BOSCO, VERMENTINO, ALBAROLA.
















Ecco cosa ammirano i vigneti Forlini Cappellini e per renderlo ben visibile anche a chi beve il suo vino lo fissa con dei colori pastello sull'etichetta.
È il vino del sole e al sole va bevuto, magari vicino a una spiaggia o sopra una scogliera, l'importante è che non manchino i due elementi fondamentali: Sole e Mare.
Il colore è giallo oro, limpido e cristallino, gli odori sono immediati, con una sequenza netta (banana, pesca e una nota agrumata), non hai bisogno di cercarli nel bicchiere, si presentano senza imbarazzo e con estrema schiettezza... bum-bum-bum e il gioco è fatto.
In bocca è denso, grasso e molto morbido, ti conforta a ogni sorso, anche in virtù di una perfetta freschezza che si amalgama con gli altri elementi esaltando elegantemente la complessa struttura.
Da bere sicuramente insieme a un piatto di gamberoni fritti, magari in spiaggia, così come li vendono in Brasile lungo le spiagge ripetendo CAMARAO-CAMARAO-CAMARAO, ascoltando The girl from Ipanema versione di Stan Getz & Joao Gilberto.








...EHI..?...C'E' DELL'ALTRO